City of Demons (Città dei Demoni)

Shadowhunters

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    Quella tr*** di Camille -.-
     
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    A parte lei, ovviamente... ma lei non è sana di mente, quindi...
     
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    Ma tanto il mare è pieno di pesci per Magnus. Peggio per Camille
     
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    Nulla di naturale


    William si lasciò cadere sfatto sul letto: sua sorella Cecily aveva un giorno solamente e lui aveva già stabilito senza alcuna ombra di dubbio che cacciare demoni per 48 ore di fila era meno faticoso che occuparsi di un neonato.
    -Se un giorno dovessi dirti che voglio diventare padre, sei autorizzato a trapassarmi con una spada- annunciò, affondando il viso nel cuscino e sollevando un braccio. -E, possibilmente, uccidimi.
    -Tralasciando il dettaglio che fare un figlio con te non rientri nella lista dei miei desideri... non capisco cos'hai da lamentarti: Cecily è un angioletto- replicò il suo parabatai, sedendosi a terra e raccogliendo uno dei tanti libri sul pavimento.
    -Non parlavo di Cecily- ribatté, alzando la testa con una smorfia disgustata. -Mi riferivo ai miei genitori.
    -Cos'hanno combinato? Hanno già in cantiere un altro fratellino?
    -Per l'Angelo, no!- esclamò atterrito. -Sono già abbastanza insopportabili così... tutti zucchero, bacetti e frasette che farebbero cariare anche una dentiera. Che razza di esempio vogliono dare alla mia sorellina? Ho dovuto tenerla lontana da loro per evitare che assistesse a scene rivoltanti e non oso immaginare cosa stiano combinando adesso. Si staranno rendendo ridicoli davanti a Fratello Zaccaria.
    Ronald scoppiò a ridere, immaginando l'amico alle prese con biberon e pannolini: era un peccato esserselo perso per dare la caccia al loro nemico.
    -Ho bisogno di un bel racconto da Cacciatori. Dimmi che avete ingaggiato una sanguinosa e cruenta battaglia contro un qualche demone raccapricciante.
    -Mi dispiace deluderti, Will, ma è stata una vera noia. Probabilmente la notte più tranquilla da quando sono nati i Nephilim- replicò, osservando le pile di libri disposte in precarie strutture accanto alla scrivania. -Però potrebbe essere emozionante rimettere in ordine questa stanza: scommetto che non ricordi nemmeno più che c'è un pavimento sotto tutte queste cose.
    -Davvero spiritoso, sembri mio padre. E poi non c'è così tanto disordine.
    -Tu dici?- ironizzò, volgendo lo sguardo tutt'intorno. -Quella cos'è? Una riproduzione della Statua della Libertà fatta con le cartacce? E quelli? Mi chiedo se hai ancora dei vestiti nell'armadio, visto che sono tutti sparsi ovunque. Dai, ti darò una mano se ti decidi ad alzarti e iniziare.
    William sospirò valutando che forse Ron non aveva tutti i torti: in mezzo a quel caos si sarebbe potuta annidare tranquillamente una squadra di demoni. Ed era un modo come un altro per non pensare a quanto fossero imbarazzanti e mielosi i suoi genitori.
    -Affare fatto, ma hai promesso di aiutarmi.
    -Finalmente rivedremo com'è fatta la stanza- commentò il compagno, alzandosi. -Vado a prendere dei sacchi per lo sporco: ne avremo bisogno.
    -Vedi di tornare, però- gli urlò dietro l'amico. -Non usarlo come scusa per sparire e lasciarmi tutto il lavoro.
    Ronald rispose qualcosa dal corridoio, ma William non lo sentì; brontolò un'ultima volta prima di abbandonare il letto e decidere da che parte iniziare: c'era solo l'imbarazzo della scelta, dopotutto. Effettivamente era passato un po' dall'ultima ripulita generale. Forse un po' troppo.
    -Cominciamo- si incitò, avvicinandosi al comodino e scostando i libri per metterli insieme agli altri e riporli poi sulla mensola. -E questo cosa... ?
    Sul piccolo mobile c'erano dei frammenti di vetro sparsi tra le cianfrusaglie, e il ragazzo si ricordò della piccola sfera raccolta nel vicolo alcune notti prima: probabilmente vi aveva appoggiato sopra qualcosa e l'aveva rotta inavvertitamente.
    -Poco male- concluse, prendendo il cestino e gettandovi i cocci. -Era solo uno stupido giocattolo mondano.

    -Alec, ti vuoi calmare, per favore? Non riesco a concentrarmi con te che continui avanti e indietro per la stanza come il fantasma di Canterville- brontolò Magnus, facendo voltare la sedia girevole per guardare in faccia il compagno. -Il rituale inizierà a breve e il suo esito non cambierà solo perché hai fatto un solco nel pavimento.
    -Lo so benissimo, ma non riesco comunque a restare tranquillo come fai tu. Cecily...
    -Cecily è al sicuro e nessuno le farà del male. In qualsiasi caso.
    Alexander annuì, sedendosi scompostamente sul divano e dedicando più attenzione ai fogli caduti dalla scrivania dello stregone: il fidanzato stava ancora lavorando ai simboli rinvenuti sui frammenti di vetro. Era decisamente più bravo di lui nell'arte della tolleranza e dell'indifferenza: riusciva ad aiutare anche chi sputava su di loro e sulla loro relazione, mentre il Nephilim trovava già arduo uno stentato saluto poco convinto. Certo, era pur vero che il figlio di Lilith si impegnava anche per il Cacciatore; anzi, forse il motivo di tanta solerzia era solo quello: se Alec non fosse stato il suo innamorato, Alicante avrebbe dovuto svuotare le casse per pagare uno solo dei servigi del Nascosto. O avrebbe mandato l'Inquisitore a fare minacce, come sempre: erano l'arma più potente del Conclave. E anche l'unica.
    Sua sorella Isabelle era a capo di un fragile castello di carte dalla funzione puramente simbolica e, malgrado i suoi sforzi, non poteva tenere insieme qualcosa che era sfasciato da anni di contrasti e incomprensioni. La guerra contro Sebastian e i suoi Cacciatori oscuri li aveva resi ancora più divisi e diffidenti: c'era sempre chi non mancava di evidenziare quelli tra loro che avevano voltato le spalle a Raziel e li avevano traditi.
    Alec non voleva pensare a cosa sarebbe potuto accadere se una nuova battaglia avesse bussato alle porte di Alicante, se ancora una volta gli Shadowhunters fossero stati chiamati a scegliere da che lato schierarsi. Costretti a scegliere se uccidere un demone o un fratello.
    Il Nephilim sperava che quel giorno non arrivasse mai perché aveva ancora davanti agli occhi le immagini di quella lotta assurda e violenta; ma la serietà con cui Magnus svolgeva le sue ricerche lo spingeva a credere che non ci fosse più spazio per le preghiere.
    L'Angelo era sordo anche alle voci dei suoi figli.

    Clarissa strinse al petto la sua bambina, gettando occhiate preoccupate a Fratello Zaccaria e alla Sorella di Ferro che l'uomo aveva presentato come Sorella Lucie: sapeva benissimo quanto fosse importante il rituale, ma non poteva fare a meno d'essere nervosa. Ci era già passata con William, conosceva quell'angoscia e quel senso di soffocamento di fronte all'ignoto: Cecily aveva sangue d'angelo, era la loro figlia. Poteva essere eccezionale, avere poteri fuori dal comune.
    In quel caso il Conclave avrebbe potuto nutrine strani e pericolosi progetti su di lei.
    -Non c'è niente da temere- disse Jace, quasi le avesse letto nel pensiero.
    -Ci hanno già provato.
    -Già e il Console si è ritrovato un braccio rotto, per non parlare di una marea di lividi e maledizioni.
    -E tu sei stato rinchiuso nella Città Silente. Non ci tengo a ripetere l'esperienza.
    -Eravamo dei ragazzini, Clary. Ora siamo in grado di affrontare qualsiasi cosa.
    -Sì, forse hai ragione tu.
    -Jonathan, Clarissa, siamo pronti- annunciò Fratello Zaccaria, parlando nelle loro menti.
    La donna scambiò un ultimo sguardo con il marito, poi posò la sua creatura sul letto ed uscì dalla stanza, stritolando la mano di Jace mentre quest'ultimo chiudeva la porta.
    Tutto era avvolto da un silenzio irreale, tutto era immobile, cristallizzato nel tempo.
    Poi un suono ruppe la quiete.
    Cecily iniziò a piangere.
    Un brivido gelato percorse l'intero Istituto e i suoi abitanti perché non c'era nulla di naturale in quel suono. Era stonato e agghiacciante quanto lo stridere di un gesso sulla lavagna.

    Catherine lasciò cadere il pugnale, che si conficcò con la punta nel pavimento.
    Ronald perse la presa sul sacco dello sporco e le cartacce si riversarono nuovamente sul tappeto.
    William abbandonò a terra la pila di vestiti che stava sistemando nell'armadio.
    Clary e Jace si precipitarono nella stanza in preda al panico.

    Sorella Lucie alzò gli occhi su Fratello Zaccaria, avvertendo la sua stessa confusione ed incredulità: mai avevano assistito a qualcosa del genere.
    -Che diavolo state facendo a mia figlia?!- ruggì Jace.
    Il Fratello Silente osservò quei due che aveva visto crescere e costruire una famiglia, cercando dentro di sé le parole adatte, quelle meno dure.
    -Purtroppo non ci è possibile completare il rituale.
    -Che significa? Avete perso il manuale, forse?
    -No, è sorta una complicazione che non ci aspettavamo.
    -Ma Cecily sta bene?- chiese Clary, sentendosi mancare il respiro. Era come un incubo che diventava realtà.
    -Sì, vostra figlia è sana e salva, ma...
    -Ma cosa?! Non abbiamo tempo per questi giochetti, Fratello Zaccaria!
    -Cecily è un demone.
     
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    Non c'è proprio niente di naturale XD Alla fine Cecily è un demonietto. Qualche scherzo genetico dovuto allo zio Seb? XD
     
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    Di sicuro la risposta ce l'hanno una coppia di nostra conoscenza. Magnus sembra tutto tranquillo e Alec è in continua ansia.
     
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    Pensano di avere una risposta...
     
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    Te l'ho già detto che sei perfida? XD
     
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    Non questa volta



    L'Istituto era avvolto dal silenzio e dalla tensione.
    William ci si aggirava inquieto senza trovare pace: i suoi genitori erano svaniti nella notte insieme a Cecily, senza dare alcuna spiegazione e mille scenari catastrofici si affollavano nella mente del giovane.
    -Perché non ci fanno sapere qualcosa, maledizione!- urlò, picchiando un pugno alla parete. -Non pensano che magari ci stiamo preoccupando per loro?!
    -Will, forse ci stiamo fasciando la testa per nulla- tentò di calmarlo Catherine. -Forse tua sorella ha più sangue angelico rispetto a te.
    -Fantastico, così il Conclave le farà tutti i folli esperimenti che non ha potuto fare su di me.
    -Isabelle non lo permetterebbe mai, lo sai- ribatté il suo parabatai.
    -Ma chi vogliamo prendere in giro, Ron? Non ha alcun potere in quella gabbia di matti, è solo un bersaglio per le accuse.
    I due ragazzi si zittirono, incapaci di replicare: come potevano placare la tempesta nell'animo dell'amico se loro erano i primi ad essere spaventati? Il ricordo di quel pianto ghiacciava loro il sangue nelle vene: non era affatto quello di un neonato ma pareva più il verso di un demone che veniva ucciso.
    -Cecily ha qualcosa che non va- disse infine il Nephilim, posando la testa contro il muro. Era quella la verità, era inutile girarci intorno e fingere che ci potessero essere altre ragioni: interrompere un rituale era sinonimo solo di una cosa grave e seria. Sua sorella aveva un problema, anche se Will non aveva idea di quale fosse.
    -Qualcosa a parte un fratello come te, intendi?- affermò Ronald con un sorriso. -In questo caso non c'è che una soluzione: restare uniti, come sempre, perché siamo una famiglia e anche lei ne fa parte. Se il Conclave ha in mente di usarla come cavia, noi gli faremo cambiare idea: non ci fanno paura.
    -Ron ha ragione: Cecily è una di noi.
    William li fissò: il suo parabatai, suo fratello, una parte della sua anima, e la sua amica più cara, sua sorella, l'unica che potesse tenergli testa. Per lui si sarebbero gettati all'Inferno e ne sarebbero tornati, così come Will avrebbe fatto lo stesso per loro. Ma stavolta la loro lealtà e il loro coraggio non bastavano a scacciare i suoi timori: la sua sorellina era chissà dove, magari stava piangendo e nessuno la consolava. E se avessero rinchiuso di nuovo i genitori nella Città Silente o ad Alicante? Se il Conclave si fosse già impadronito di Cecily?
    Lui doveva scoprirlo o sarebbe impazzito.
    -Voi restate a guardia dell'Istituto- ordinò, lasciando il salotto a passo svelto. -Io torno il prima possibile.
    -Will! Dove stai andando? Will!- esclamò Cat, tentando di inseguirlo. Ma Ron la trattenne, scuotendo la testa: per quanto gli volessero bene e fossero decisi ad aiutarlo, c'erano cose che doveva fare da solo e luoghi in cui non potevano accompagnarlo. Dovevano solo aspettare ed avere fiducia, in lui e nell'Angelo.

    Jace teneva Clary tra le braccia, senza pronunciare parola: le aveva consumate tutte ormai e nessuna era servita a dargli delle risposte. Nessuna aveva lenito il dolore del suo cuore.

    -Cecily è un demone.
    Il tempo parve fermarsi a quella frase pronunciata con una semplicità disarmante: come poteva essere? Al massimo poteva essere un angelo, non certo un demone... era impossibile.
    -Fratello Zaccaria, se è uno scherzo non mi fa ridere.
    -Vorrei che lo fosse, Jonathan, ma purtroppo non è così. Vostra figlia ha una natura demoniaca che rifiuta il rituale- rispose l'uomo. -Continuare con gli incantesimi la ucciderebbe.
    -Ma come può essere?- intervenne Clary, recuperando la voce. Non potevano dirle che la sua bambina era un demone e pretendere che lo accettasse senza chiedere una spiegazione. Non era Jocelyn che aveva semplicemente voltato le spalle al figlio una volta scoperto cos'era. -Può essere che sia solo... posseduta da un demone... ?
    -È troppo presto per affermarlo con certezza, ma insieme ai Fratelli troveremo le risposte e una soluzione.
    -Me lo auguro per voi- ringhiò il Nephilim.
    Clarissa gli posò una mano sul braccio: aveva bisogno di lui e del suo sostegno in quel momento, non potevano permettersi di perdere la testa e creare altri problemi. Anche se dentro di loro ruggivano come leoni a cui veniva strappato un cucciolo.
    -Fratello Zaccaria, una volta mi hai confidato di aver amato due persone in passato. Pensa a Cecily come ad una di queste, ti prego.
    -Lo farò, Clarissa. Gli Herondale avranno sempre un posto speciale nel mio cuore.


    Non avevano avuto né tempo né modo di avvisare i ragazzi e poteva ben immaginare quanto dovessero essere preoccupati: William non avrebbe atteso ancora per molto e a momenti si sarebbe precipitato lì o avrebbe rivoltato Alicante come un calzino pur di trovarli.
    Ma cosa potevano raccontargli? Anche loro aspettavano da ore che i Fratelli uscissero dalla Sala delle Stelle Parlanti con un responso, ma per il momento tutto taceva.
    Jace sopportava quell'attesa snervante solo per Clary, per restarle vicino e sostenere il suo dolore: non poteva abbandonarla per andare a sterminare demoni e sfogare quella furia che gli opprimeva il cuore. Non era più un ragazzino, aveva delle responsabilità e delle persone che contavano su di lui.
    E, in ogni caso, estinguere demoni non avrebbe riaggiustato il suo cuore. Forse Izzy aveva ragione, forse quando un cuore si rompeva non c'era modo di rimettere insieme i pezzi. Forse quel dolore durava per sempre.
    Improvvisamente udì della confusione all'esterno della Città e Fratello Zaccaria uscì dalla Sala con due confratelli.
    -È arrivato Will- mormorò il Nephilim alla compagna.

    Nel frattempo la notizia del rituale interrotto e del trasferimento di Cecily alla Città Silente aveva già raggiunto la casa dell'Alto Stregone di Brooklyn, come facevano tutte le notizie del mondo magico.
    Come avevano predetto i tarocchi, le promesse non mantenute e le decisioni rimandate alla fine si erano rivelate in tutta la loro devastante potenza.
    -Pensi sia come temiamo?- domandò Alec, torturandosi i capelli neri. Non poteva essere così, non voleva nemmeno concepire una simile eventualità.
    -Non conosco molti motivi per cui non si possa svolgere il rituale, Alec.
    -E ora che facciamo?
    Magnus gli rivolse un'occhiata glaciale, facendo brillare i suoi occhi felini.
    -Secondo te?- chiese con tono accusatore, pungendo sul vivo il compagno.
    -Pensi che sia facile? Che mi piaccia questa situazione?
    -A giudicare da come ti comporti, si direbbe di sì, Alec. Quando Clary era incinta di Will, hai avuto nove mesi per raccontare loro quello che avevamo scoperto e non l'hai fatto. Poi tutto è finito bene e tu hai preferito tacere. Ora hai avuto altri nove mesi, ma hai trovato ogni scusa possibile per evitare di parlargliene. Stavolta però non ti è andata bene- proseguì inclemente. -Adesso che intenzioni hai? Conti di restare lì ad aspettare che passi tutto? In questo caso la notizia del giorno è che non passerà, anzi, sarà sempre peggio. Se tutto questo ti piace sei libero di crogiolarti in quest'assurdità: io vado a parlare con Clary e Jace come avrei dovuto fare dall'inizio. Sappi però che mi deludi molto: ti credevo più maturo e responsabile.
    Alec scattò: sapeva di essere nel torto e di meritare quelle accuse, ma sapeva anche che le sue azioni non erano state dettate dalla codardia come sembrava credere Magnus. Jace non era solo un amico o un fratello: era il suo parabatai, il loro era un legame che andava oltre ogni concezione di affetto o di amore. Lo stregone non poteva capire, non poteva comprenderlo: Alec stava soffrendo per l'amico, soffriva di quel dolore che, tacendo, aveva sperato di risparmiargli.
    -Scusa se non ho più di 800 anni e me ne frega qualcosa dei sentimenti degli altri! Scusa se non ho la tua saggezza secolare e commetto degli errori!- urlò. -E scusa se sei stato costretto a diventare mortale per stare accanto ad una delusione come me!
    Ma alle sue provocazioni rispose solo il rumore della porta che veniva chiusa.

    -Questo non è il luogo adatto ad un bambino.
    -Fratello Zaccaria, spostati o sarò costretto a fare qualcosa di cui poi mi pentirò di certo- ribatté William sfoderando una spada. Pretendeva delle risposte e non se ne sarebbe andato prima di averle avute. -Né tu né gli altri Fratelli mi impedirete di entrare e vedere se mia sorella sta bene.
    -La piccola Cecily è al sicuro. Puoi tornare al tuo Istituto.
    -Non puoi aspettarti che mi basti sentirtelo dire! È mia sorella, dannazione! Al mio posto riusciresti a fare il tuo lavoro come se niente fosse?!
    -William Herondale... - pronunciò l'uomo con tono paziente. Entrando nella Confraternita aveva rinunciato a tutto. Aveva perso tutto. -Non credere che non sappia cosa stai provando. Ma compiere una strage nella Città Silente non sarà d'aiuto a tua sorella.
    -Non m'importa quanti cadaveri dovrò calpestare per arrivare a lei. Io passerò, a costo di dover distruggere la Città.
    Fratello Zaccaria si concesse un sorriso tra le pieghe del cappuccio: quella testardaggine incrollabile, quell'ardore indomito, gli erano ben noti. Vi aveva combattuto per anni quand'era un ragazzo. E un altro William si sovrappose a quello che gli stava di fronte, un William ormai uomo, dalla chioma nera e gli occhi di un blu profondo quanto il mare in tempesta...

    -Non mi importa se i Fratelli Silenti dicono che è proibito e non te lo permetteranno: tu sarai lì quando nascerà mio figlio, a costo di dover distruggere la Città Silente per tirarti fuori.

    Quanti secoli erano trascorsi? A lui parevano passati pochi istanti e quei ricordi erano ancora più vividi quando incontrava gli Herondale: in ognuno di loro c'era qualcosa dell'amico che aveva amato un tempo, a cui era ancora legato, quasi che non fosse mai morto.
    -I Cacciatori sono nostri fratelli e tutti loro ci stanno a cuore. Non hai forse fiducia nelle nostre cure?
    -Cure?- ripeté William con apprensione. -Cecily è malata?
    -Non temere per tua sorella: io proteggerò sempre la vostra famiglia, anche se questo dovesse portarmi contro il mio stesso Ordine.
    Il ragazzo abbassò l'arma, convinto. Fissò per un attimo la spada, chiedendosi cosa diavolo gli fosse saltato in mente: non avevano abbastanza guai? Avrebbe dovuto dimostrarsi maturo e gestire l'Istituto in attesa dei genitori, invece si comportava come un moccioso.
    -Perdonami, non so cosa mi sia preso.
    -La devozione che nutri verso la tua famiglia ti fa onore, non devi scusartene. Cerca però di non lasciarti travolgere dalle emozioni.
    -Me ne ricorderò. Ora però voglio la verità.
    La verità.
    Era nei suoi diritti conoscerla. Ma come poteva confessargliela?
    William ne sarebbe stato distrutto, avrebbe di sicuro commesso qualche follia o si sarebbe gettato in un'impresa suicida. D'altro canto, non avrebbe mosso un passo senza aver ricevuto quanto aveva chiesto.
    -Seguimi, allora.

    -Papà, mamma.
    -Will- disse Clary, abbracciando il figlio.
    Il ragazzo la strinse a sé, avvertendo il suo dolore in ogni singolo muscolo del corpo della madre: le sfiorò piano la schiena, cercando gli occhi di suo padre e trovandovi la stessa sofferenza.
    -Cosa... cosa sta succedendo?- domandò. -Dov'è Cecily?
    -È nella Sala delle Stelle Parlanti, con i miei Confratelli- rispose Fratello Zaccaria, avvicinandosi. -Nessuno di loro le sta facendo del male: i tuoi genitori possono confermartelo.
    -Ma non mi avete ancora spiegato che diavolo sta accadendo- replicò William, stanco di quei misteri. Non era più un bambino: voleva sapere, voleva capire. Quelle mezze frasi gli stavano solo facendo perdere la pazienza.
    Jace gli si portò di fronte, costringendolo a sedersi con un gesto deciso.
    -Non ci sono molti modi per dirtelo. Tua sorella... è un demone.
    Lo sguardo smeraldo del giovane si spostò rapido sui presenti, aspettando che uno di loro scoppiasse a ridere e ammettesse che si trattava soltanto di uno scherzo. Di pessimo gusto, certo, ma pur sempre uno scherzo. Ma i secondi scorrevano e nessuno accennava a un sorriso.
    Quella era la verità che aveva cercato, quella per cui era disposto ad uccidere.
    -Co... come?- balbettò incredulo. Non poteva essere, lui rifiutava di crederci: i suoi genitori avevano sangue d'angelo in abbondanza ed era assolutamente impossibile che dalla loro unione nascesse un demone.
    Lui non era un demone, tanto per cominciare, quindi non poteva credere che Cecily lo fosse.
    -Però sta bene? Posso vederla?
    Fratello Zaccaria annuì e lo scortò con gentilezza fino alla Sala: la sua sorellina si trovava al centro e dormiva tranquilla in una sorta di culla un po' rudimentale. Will le accarezzò i capelli scuri e seguì i contorni paffuti del suo piccolo volto: come poteva celare in sé un demone? Sembrava il ritratto dell'innocenza, non del demonio.
    -Troverete un modo per salvarla, vero?- chiese, senza staccarle gli occhi di dosso. -Non... non la abbandonerete al suo destino...
    -Posso giurartelo, ragazzo. Io non la abbandonerò mai.
    -Allora posso andare a casa- concluse, separandosi dalla sorella. -E... bhe, cerca di avere cura anche dei miei genitori:non sono forti come vorrebbero apparire.
    -Cercherò di fare anche questo, William.
    Il Nephilim lasciò la stanza, congedandosi dai genitori.
    -Penserò io ad avvertire la zia e il Conclave: questo è più importante dei loro impegni.
    -Will, so che non ha senso dirtelo, ma sii prudente, mi raccomando.
    -Stai tranquilla, mamma, lo sarò- replicò con un sorriso. Perché nessun genitore che si rispettasse, mondano o Cacciatore, sarebbe stato disposto a farsi da parte e dire: “Certo. Rischia pure la tua vita. Dopotutto, qui c’è in ballo la salvezza del mondo.” -Voi cercate di darci notizie appena ci saranno dei... cambiamenti.
    Li salutò ancora e poi lasciò la Città, scoprendo di non essere l'unico visitatore di quel giorno.
    -Magnus?- lo riconobbe sorpreso. -Sei qui per Cecily?
    -In un certo senso. Sono qui per dare il mio aiuto, anche se non so quanto sarà gradito.
    -Scherzi? Tu sei l'Alto Stregone di Brooklyn, conosci tutto e sai tutto. Se c'è qualcuno che può aiutare mia sorella sei tu.
    -Non questa volta- ribatté con tono stanco, posandogli una mano sulla spalla e superandolo.
     
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  12. •Himeno•
     
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    che capitolo triste ç__ç E che caz** Alec! D'accordo che volevi risparmiare il dolore al tuo parabatai ma avevano il diritto di sapere >.< Bravo Magnus che ha preso l'iniziativa, che coraggio... e ora? mi lasci così???
     
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    Sì, sono perfida e ti lascio così... XD
     
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  14. •Himeno•
     
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    perfida davvero XD
     
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