I racconti di Guerra

GDR

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    Fandom: GDR
    Raiting: Arancione
    Genere: Erotico, Fantasy
    Personaggi: Ares, sacerdotessa dai capelli rossi,Plutone

    Tra le tue braccia



    Selene era ormai scesa su Atene, donando ai propri abitanti riposo dalle fatiche del giorno e una notte tranquilla. Tutto attorno era silenzioso, nessuno percorreva le strade nè era in pellegrinaggio verso i tempi degli antichi Dei greci. Solo una figura saliva le scale in silenzio, l’unico rumore era dato da qualcosa di metallo che portava in mano e che batteva ogni tanto sulle gradinate.
    -Mio signore Ares-due sacerdotesse all’ingresso lo accolsero togliendogli la lancia e l’elmo dalle mani e liberandolo anche di parte dell’armatura che portava. Il Dio della guerra diede loro le sue armi, sfilandosi i calzari ed entrando nella sua dimora. C’erano le fiaccole accese e si sentiva profumo di incenso: alcune sacerdotesse erano già a riposare mentre altre lo accoglievano porgendogli qualcosa da mangiare e da bere.
    -Ho bisogno di un bagno-disse lui-la battaglia è stata dura e devo rilassare le membra.
    Scattarono subito a preparargli la vasca con acqua calda e candele.
    -Scattano proprio come dei bravi soldati- Pensò Ares, voltandosi a guardare una sacerdotessa che sistemava i doni che avevano portato coloro che venivano a chiedergli grazia. Era nuova, bella ed ancora immacolata.
    -Come ti chiami?-chiese lui avvicinandosi alla sacerdotessa: aveva i capelli rossi, lo stesso colore del sangue e del fuoco.
    -Jara, mio signore-rispose lei prendendo tra le mani la cesta con i fiori e voltandosi a guardarlo. Ares la fissava, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo ed indugiando sulla scollatura dei suoi seni ampi e sui fianchi fasciati dalla tunica bianca.
    -Posso fare qualcosa?-chiese lei, camminando per sistemare la cesta dietro al trono che era messo alla fine del colonnato principale.
    -Da quanto sei qui?
    -Ormai sono mesi, mio signore-disse lei. Ares era stato via più di quattro mesi dal tempio, per colpa della guerra che imperversava tra Sparta e qualche altra stupida città che aveva schiacciato. Mesi di sangue e battaglie, ed ora voleva solo un po’ di pace circondato dalle sue bellissime sacerdotesse.
    -Sono arrivata poco dopo che lei è partito per la guerra-replicó lei, sistemandosi il fermaglio tra i capelli rossi-Mi avevano detto che sarebbe tornato dopo mesi.
    -Sì, di fatti sono passati mesi-commentó Ares, posando una mano sulla pelle scoperta della sua schiena-mesi in cui sono stato lontano da questo posto, dalle mani calde e morbide delle mie sacerdotesse. Ed ora torno e trovo una tra le più belle donne che io abbia mai visto-disse lui scostandole una spallina-sei forse un dono di qualche altro Dio?-sussurró facendole cadere la tunica-non importa, sei qui per immolarti al Dio della guerra.
    Era di una bellezza paragonabile sono ad Afrodite, quelle curve erano perfette, ed i capelli rossi formavano in meraviglioso contrasto con la sua pelle chiarissima. Ares si leccó le labbra, pregustando già il momento in cui l’avrebbe avuta sotto di sè e quando si sarebbe spinto in lei con foga.
    Lei si chinò a raccogliere la tunica, alzando lo sguardo verso il Dio
    -Sono qui per servire Il tempio-disse lei con gli occhi chiari che ardevano come il fuoco. Ares fu ancora più colpito dalla sua audacia: lei lo stava implicitamente sfidando con quello sguardo così penetrante e di fuoco. Aveva gli occhi di una guerriera, una di quelle difficili da domare a letto e nella vita. Il Dio le tolse la tunica dalle mani, passando un dito sulla sua bocca carnosa.
    -Servi me, mia bellissima sacerdotessa. Ti prometto una notte piena di passione-sussurró contro il suo orecchio-Mi implorerai di continuare sino a perdere la voce, e mi cavalcherai senza ritegno, come la piccola furia che sei.-aggiunse sentendo le mani della donna slacciare piano la tunica che aveva Ares addosso. La sensazione delle dita sulla pelle del guerriero era paragonabile ad una torcia accesa che sfiorava le parti del corpo del Dio. Era calda e sentiva tutte scosse di piacere nei punti in cui toccava.
    -Marchieró ogni millimetro della tua pelle chiara-promise lui, passando una mano tra i suoi capelli rossi. Lei gli sfioró il naso con il proprio, lasciando cadere per terra anche il resto dei vestiti di Ares e spogliandolo completamente.
    Era ad un palmo dalle sue labbra, ad un tocco dal suo corpo, eppure non annullava quella distanza ed anzi, guardava il Dio della Guerra diritto negli occhi, sfidandolo a fare il primo passo e a prenderla come più desiderava.
    -Oh, mia bellissima sacerdotessa-disse lui eccitato-Fammi entrare in te, fammi godere del tuo meraviglioso corpo e fammi sentire come la tua voce si incrina sotto di me.
    Poi la prese per il sedere, issandola sopra di sè e scontrandosi con la sua bocca calda e la sua lingua invitante. Mentre la baciava ed esplorava quel sapore dolce e allo stesso tempo forte, Ares stava salendo i gradini che portavano al trono: l’avrebbe presa proprio lì, al centro della sala, dove tutti avrebbero sentito le loro urla ed i loro gemiti di piacere.
    Quando arrivò in cima era pronto per entrare in lei, non vedeva l’ora di prendere la sua innocenza e farne una delle più amate sacerdotesse del suo tempio. Jara ansimava sulla bocca del Dio, con le mani sul suo petto ed i fianchi attorno ai suoi. Scivoló lungo il corpo di Ares, spingendolo con una mano a sedersi sul trono, prima di accovacciarsi e leccarlo tra le gambe. Il Dio gemette di sorpresa e di piacere, allargando le gambe per darle migliore accesso e stringendo una mano tra i suoi capelli rossi: si sarebbe fatto dannatamente dominare da quella diavoletta dai capelli color del sangue. Iniziò a mormorare più forte, mentre la sentiva scendere a fondo e dargli piacere: si muoveva veloce e cercava nei limiti, di accoglierlo tutto in sè. Ares si inarcó sul trono, prima di ringhiare di piacere: era vicino al coito...
    Aprì gli occhi, accorgendosi che la sensazione umida della ragazza tra le sue gambe era svanita e si ritrovò a fissarla: lei aveva le mani sulle sue spalle e lo guardava negli occhi ambrati. Poi lo bació di slancio, mormorando mentre Ares si faceva strada in lei con le dita.
    -Mio signore...-sussurró lei gettando la testa all’indietro
    -Ares-ringhió lui sulla sua bocca-per te sono solo Ares-replicò, poi la spinse sopra di sè, penetrandola con un colpo di bacino. Lei gemette di piacere solo quando riprese a respirare: la sensazione di lui che si spingeva veloce e a fondo in lei...le aveva tolto il respiro per qualche secondo. Ares la teneva per il sedere mentre la sua bocca leccava e mordeva il petto della ragazza: era un amante focoso, prestante e sapeva come far piacere alle donne. I suoi gemiti riempivano la sala e, tra le colonne doriche ed i corridoi del tempio, la sua voce incrinata dal piacere riecheggiava come i mormorii ed il suono del loro amplesso.
    -Di più, Ares-ansimava lei muovendosi veloce contro il corpo del Dio-sì...Ares...Ares!-ripeteva ad ogni spinta ed ogni volta le sembrava che lui potesse riempirla ancora di più. Restarono avvinghiati nella morsa del piacere per ore, instancabili e con i corpi scossi continuamente dal piacere. Solo quando Ares si svuotò completamente in lei, smise di muoversi e spingersi a fondo. Jara ansimava tenendo le unghie piantate nelle braccia del Dio: sentiva il ventre bruciare, il sedere dolere ed i seni gonfi per i morsi ed i baci del suo amante focoso. Nonostante tutto però sorrideva ed aveva a testa posata sul petto dell’uomo
    -Oh, tesoro-mormoró Ares dopo aver ripreso la voce-sembra che io mi sia immolato a te.
    Lei rise piano, sentendolo di nuovo eccitato in lei.
    -Un altro po’, Ares?-sussurró lei tenendolo tra le braccia e muovendo piano i fianchi. Lui per tutta risposta gemette, passando una mano tra i suoi capelli
    -Non farti implorare-sussurró Ares, riprendendo a spingersi in lei.

    Mia.



    L'elmo di Ares era posato su una folta chioma rossa e la ragazza che lo indossava rideva piano mentre l'uomo le carezzava lentamente la schiena con le labbra.
    -Vuoi rubarmi il posto?-disse con un sorriso lui, lasciandole indossare parte della sua tenuta da guerra.
    -Sarò una Dea della guerra più attraente di te,Ares-sorrise lei, provocandolo: sapeva che gli piaceva un pizzico di sfida in tutto quello che facevano assieme, anche nei momenti di tranquillità che condividevano nel tempio-le altre si lamentano,sai? Dicono che non hai più tempo per loro.
    -Beh...-iniziò lui,passandole una mano lungo il braccio.-c'è una certa rossa che occupa tutta la mia giornata, sai...è una tipa impegnativa.
    Lei si volse guardando il Dio che se ne stava seminudo sul letto e che aveva un sorriso sulle labbra:i suoi occhi ambrati erano chiari...gli succedeva sempre dopo che erano stati assieme ed aveva appagato tutte le sue voglie.
    -Dovresti punirla.-disse lei passando una mano lungo il suo petto-se le altre sono gelose...
    -Punirla?-lui rise-cosa hai in mente, mia bellissima e piccola perversa? Non dirmi che vuoi che ti leghi di nuovo alla lancia.
    Lei si chinò su di lui, sfiorando la sua bocca
    -Magari potresti usare quella lancia nello stesso modo in cui usi l'altra.-lo provocò lei,passando una mano tra le sue gambe. Ares mormorò mentre gli si scurivano gli occhi per il desiderio
    -Ah...mi mancherai da morire in guerra.-disse tirandola sopra di sè
    -Non andare...-mormorò muovendo piano i fianchi-dovrei...legarti a letto, così resti qui con me.
    Lui le strinse il sedere,sfregandosi lentamente tra le sue gambe: restare lì con lei era fuori questione...non poteva,anche se lo desiderava. La verità era che non poteva star lontano dalla guerra, lui stesso era le battaglie e la violenza che imperversava negli scontri a cui assisteva e a cui partecipava. Se restava lontano per troppo tempo iniziava ad essere irrequieto e a far del male a chi lo circondava, qualche volta aveva persino perso la testa.
    Nonostante desiderasse restare con lei, prenderla per giorni sino a perdersi in lei...era impossibile tenersi lontano dalle battaglie.
    Jara gli morse le labbra, sfiorando il suo naso
    -Sei sempre così distratto.-mormorò lei,avvolgendogli i fianchi con le gambe
    -Penso solo a quanto sia fortunato ad avere una sacerdotessa come te.-sussurrò lui,passandole un dito lungo il collo.
    -Sì, ti invidiano tutti gli Dei.-posò le mani sul suo petto mentre lo accoglieva in sè. Ares si inarcò guardandola gemere di piacere e gettare la testa all'indietro: voleva imprimere nella sua mente ogni istante con lei, ogni suo gesto ed il modo in cui faceva sesso con lui. Il modo in cui le sue mani, un po' rovinate dalle armi e più piccole delle sue, posavano sul suo petto muscoloso mentre muoveva i fianchi contro di lui, prima lentamente e poi con una furia degna di un animale imbestialito. Era solito tenere le sue amanti sotto di sè, in una morsa che non le facesse scappare dalla violenza con cui si spingeva in loro, eppure con lei non c'era bisogno, sembrava essere lui soggiogato dalla donna che aveva sopra.
    Quella piccola mortale, che era persino più letale delle mille battaglie che aveva combattuto. Mormorò più forte, sentendola aumentare il ritmo ed iniziando a muoversi e ad accordarsi ai suoi movimenti. Poi cercò con la mano la lancia che di solito teneva contro il letto.
    -Dimmi che la usi.-Jara ansimò per l'eccitazione,guardandolo prendere la lancia-oh..ti prego Ares,ti prego.-mormorò lei posando una mano sul suo braccio. Lo implorò ancora un po',mentre si muoveva e gemeva di piacere.
    Lui rise piano, portando la punta della lancia sul suo palmo e ferendosi
    -Che fai...-sussurrò lei baciandolo sulla bocca-non farti male così...
    -Continua a muoverti così...brava.-la incitò lui,mentre disegnava sul collo della ragazza un cerchio con simbolo all'interno. Lei lo lasciava fare, preda ormai dell'estasi che lui le stava facendo provare con il corpo. Ares tremò di piacere,sentendo crescere l'eccitazione tra una spinta e l'altra: riuscì a mormorare sulla sua bocca qualche parola in greco, prima di perdere completamente la testa e spingersi a fondo in lei con un urlo di piacere.
    Ecco...l'aveva fatto, aveva donato quel regalo degli dei ad una delle sue sacerdotesse. Non ad una qualsiasi però...lei sarebbe divenuta immortale, l'avrebbe aspettato ogni volta al ritorno di una guerra, ed avrebbe continuato a spingersi in lei e probabilmente ad ingravidarla sino alla fine di quel mondo.


    Tornerò.


    -Tornerò presto.-era questa la promessa che Ares aveva fatto alla sua bella sacerdotessa dai capelli rossi; era di nuovo partito per la guerra e sarebbe stato fuori almeno una settimana. Era nulla in confronti ai mesi che aveva dovuto passare fuori dal suo tempio per la guerra, ma ora...c'era qualcuno di più importante ad aspettarlo e quella singola settimana sembrava pesare come anni di assenza. Il Dio si sistemò l'elmo sul capo tenendo la lancia stretta in mano e voltandosi per abbandonare il tempio.
    -Aspetta.-lei lo raggiunse sfilandosi il fermaglio che aveva tra i capelli-tienilo con te,Ares.
    Lui guardò il piccolo oggetto d'oro che la ragazza gli stava porgendo: si accorse che le tremavano le mani mentre teneva stretto quel dono. Probabilmente avrebbe sentito più lei la sua mancanza, stretta nel talamo senza il suo corpo possente a scaldarla e a soddisfarla.
    Ares lo prese, togliendo la spilla che aveva al petto e sistemandogliela sulla tunica bianca,poi prese il fermaglio e lo mise al posto di quello che le aveva offerto.
    -Ci vediamo presto,vedrai.-promise lui facendole un sorriso-mi raccomando, tieni calde le coperte per me.
    Lei lo salutò facendogli un grande sorriso e seguendolo con lo sguardo mentre scendeva le scale e chiamava il suo cavallo per salirci sopra ed allontanarsi...
    -Tornerà presto.-mormorò lei, stringendosi tra le coperte e respirando il profumo di Ares: lui le aveva dato il permesso di dormire nelle sue stanze...e tutto di quello che la circondava la faceva sentire...a casa. C'erano punte di lancia sul mobile, che il Dio aveva fatto fare e che teneva lì per ricambio della sua arma, degli elmi di diverso tipo e varie tuniche porpora, scarlatte e bianche. C'erano anche diverse spade nel fodero, delle spille d'oro ed almeno qualche sacco di dracme sparso per la stanza insieme a della frutta che Ares aveva sempre vicino al letto: adorava l'uva...ed il vino. Aveva sentito parlare delle sue sbronze...e rise nel pensare che,al suo ritorno, gli avrebbe fatto trovare litri e litri di vino da dividere con lei. Erano passati dei giorni, tutto era tranquillo al tempio e lei non vedeva l'ora di accogliere il suo amato. Jara si mosse tra le coperte di lino,sentendo dei rumori tra i corridoi e poi delle voci: qualcuno...qualcuno stava urlando? Scese dal letto prendendo tra le mani la punta di una delle lance di Ares e si avvicinò alla porta,cercando di ascoltare e capire cosa stesse succedendo. Qualche secondo dopo si scostò vedendo entrare un uomo che brandiva una spada: trattenne il fiato appiattendosi al muro, sembrava cercarla...non l'aveva vista dietro la porta che aveva spalancato. Neanche il tempo di farlo girare che lei lo colpì al petto con la punta, spingendolo via prima che potesse affettarla con quella spada.
    -Ares...-mormorò lei,mordendosi le labbra nel vedere tra i corridoi i corpi delle sue sorelle sacerdotesse in pozze di sangue e senza arti. Cacciò indietro le lacrime, cercando una via d'uscita da quel posto: di sicuro quell'uomo non era solo...c'era qualcuno d'altro nel tempio che stava facendo strage dei suoi abitanti. Pensò al suo Dio, al suo Ares...al dolore che avrebbe visto nei suoi occhi nel sapere che erano morti tutti...
    -Devo...sopravvivere.-mormorò lei, correndo tra i corridoi e nascondendosi in una camera, già razziata e sporcata del sangue delle sacerdotesse. Cercò di fare il meno rumore possibile,sperando che, chiunque avesse assalito il tempio, se ne andasse nel pensare che fossero morti tutti. Passarono minuti interminabili, in cui non sapeva se ci fosse ancora qualcuno nel tempio che fosse sopravvissuto, e lei era nascosta dietro la porta della camera ed aveva stretto così tanto la punta di quella lancia da essersi ferita tutta la mano. Poi...sentì dei passi. Non erano passi di qualcuno che stava correndo per cercare di ammazzare o per salvarsi...erano passi tranquilli...e si stavano avvicinando alla camera dove lei era nascosta. Si sporcò la tunica bianca con il sangue di un'altra sacerdotessa e si ferì persino sul ventre prima di sdraiarsi per terra,fingendo di essere morta. Ares una volta le aveva raccontato che un uomo si era salvato dalla sua furia perché aveva finto di essere morto. Magari...se fosse entrato qualcuno che voleva farle del male...nel vedere tutte morte sarebbe uscito senza infierire sui loro corpi. Quando vide l'ombra di una figura avvicinarsi alla porta, trattenne il fiato ed impedì a tutto il suo corpo di muovere un muscolo. I passi si fecero più insistenti, finchè qualcosa non le toccò un braccio. Jara pregò il suo Dio, il suo Ares...chiedendo di essere risparmiata dalla furia di quelli che avevano sporcato il suo tempio. Per dei secondi interminabili, né lei né il suo assalitore si muovevano, e la ragazza pensò di esserselo immaginato. Poi...udì una risata e sentì che le sue preghiere non erano state ascoltate. Un dolore improvviso la colpì al petto, assieme ad un rumore metallico. Lei urlò di dolore, spalancando gli occhi pieni di lacrime.
    -Non funziona con me questo trucco.-sentì la voce profonda di un uomo, e poi riuscì a distinguere solo l'ombra di una falce, prima che la vita l'abbandonasse


    My ride in the Hell


    Era un luogo freddo, buio e si sentivano solo lamenti che circondavano tutto il posto nel quale Jara si trovava. Per qualche secondo non capì nulla, pensando solo di essersi immaginata l’ombra di una falce che si abbatteva sul suo corpo, l’eco della risata lontana di quell’uomo. Poi cerco di toccarsi il viso e spalancó gli occhi: afferrava...afferrava l’aria? Si accorse di essere in un posto diverso e mentre metteva a fuoco tutto e collegava il cervello, capì di trovarsi nell’Ade e che era morta. Una volta Ares le aveva detto che era stato tra i morti, per fare visita a suo zio Plutone, il dio della Morte...gli aveva detto che lui lo reputava il suo miglior nipote, visto che lo riforniva periodicamente delle anime. Ares...il suo Ares, che non avrebbe più rivisto. Le veniva da piangere e da lamentarsi di dolore come stavano facendo tutte le altre anime: non poteva credere che fosse finito tutto all’improvviso, in un battito di ciglia tutti i suoi sogni per il futuro erano andati in fumo.
    -Ares ti ha donato la sua grazia-disse una voce alle sue spalle. L’anima si volse guardando un uomo avvolto in un mantello nero che la scrutava in silenzio. La sua voce le ricordava lontana quella del suo assassino...
    -Sono Plutone, il Dio della Morte. Puoi chiamarmi anche Hades o se preferisci in qualunque altro modo-disse lui-ora che sei una semplice anima riposerai qui nella mia dimora.
    Lei lo guardava in silenzio: il Dio della Morte aveva fatto solo il suo lavoro nel recuperare la su anima...il destino aveva deciso che sarebbe dovuta morire lasciando solo il suo Ares...
    -È un posto un po’ buio e freddo-disse, cercando di stringersi nelle braccia. Lui si tolse il mantello, posandolo sulle spalle della ragazza che, stranamente, sembravano essere diventate non più inconsistenti come prima.
    -Ares...-lei lo guardó-Ares starà soffrendo tantissimo...
    -Indubbiamente, e non merita tutta questa sofferenza. In futuro riuscirà a trovare pace con qualcuno d’altro.
    Lei si sentì attraversare da una fitta di gelosia: il suo Ares l’avrebbe dimenticata così facilmente e sarebbe corso tra le braccia di qualche altra donna? Il pensiero la rendeva verde di invidia e dannatamente triste...perché infondo...lei non voleva che il suo Dio soffrisse in eterno per la sua mancanza.
    -Cosa fanno le anime qui?
    -Oltre lamentarsi di voler tornare in un corpo? Nulla, restano qui in stallo per tutta l’esistenza. Ti aspettavi un parco giochi per le anime?
    -No, ma non mi aspettavo una tortura eterna-disse lei-non ho fatto nulla per meritarmi di soffrire così tanto. Ho sempre cercato di fare il volere degli Dei e credevo di aver trovato il mio posto nel tempio del Dio della guerra...
    -Dovevi essere un mio regalo-disse lui-un regalo che Giove aveva creato solo per me, perché non fossi solo in questo posto. Ma poi se n’è uscito con una stupida scusa, dicendo che il tuo destino gli era sfuggito dalle mani. Cazzate, a mio parere.-disse lui fermandosi a guardarla-il destino aveva solo bisogno di una piccola spinta. Certo, non mi aspettavo che quell’idiota tutto muscoli ti donasse parte di sè, ma non è un problema.
    -Una parte di sè?-lei posó una mano sul ventre-un figlio?
    -Sei morta, i morti non hanno figli-disse Plutone-e non è importante ciò che ti ha dato
    -Ma a me importa-disse lei-Ti prego...cosa mi ha donato Ares?
    -Parte della sua anima-disse lui-un po’ d’amore per la guerra e l’immortalità.
    -Ho...l’anima di Ares?-sussurró lei spalancando gli occhi
    -Sì, per questo hai più consistenza. Gli Dei nell’Ade hanno un corpo mentre tutto gli altri lo lasciano sulla terra.
    -Ma se sono immortale...
    -Significa solo che durerai di più nell’Ade, le anime col tempo si consumano. L’immortalità ti risparmia di morire tra malattie e vecchiaia
    -Lui mi voleva con sè per tutto questo tempo?-lei singhiozzó realizzando che Ares...Ares teneva davvero a lei se le aveva dato quel dono. -Fammi tornare da lui...devo tornare da Ares
    -Nessuno lascia gli Inferi-disse Plutone-ora appartieni a me.-aggiunse prima di voltarsi verso una porta-ha fatto presto-Sì avviò verso l’ingresso voltandosi a guardarla-non ti sentirà, risparmia la voce.-poi fece un sorriso-benvenuta all’inferno.

    Edited by script‚ - 16/10/2018, 14:13
     
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