Cronache da una terra di follia

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    Fandom: GDR
    Raiting: Rosso
    Genere: Drammatico
    Personaggi: Wigh, Letha, re dei folletti
    Note dell'autore: Che cosa è successo realmente a Wigh mentre si trovava nella Corte Unseelie? E Letha come ha vissuto quel periodo? Quali violenze fisiche e psicologiche hanno subito in quella terra di follia?

    Cronache da una terra di follia



    Capitolo 1



    Letha percorreva quasi correndo i corridoi della Corte: suo padre voleva vederla e per lei quello era un avvenimento unico che le riempiva il cuore di aspettative e fantasie. Forse voleva finalmente trascorrere del tempo con sua figlia dopo anni in cui aveva praticamente ignorato la sua esistenza... Magari si era ravveduto e avrebbero potuto essere la famiglia che aveva sempre sognato...
    La principessina sorrise a quei pensieri e arrivò nella sala del trono con la speranza di non essere accolta dai soliti rimproveri. Una speranza che venne puntualmente delusa insieme a tutti i sogni che aveva accarezzato fino ad un istante prima.
    -Letha, che diavolo stavi facendo? Quando ti chiamo devi scattare qui, senza perdere tempo- la riprese subito il sovrano. -Perché devi essere sempre così inutile?
    -Mi dispiace, padre... ho fatto più in fretta che potevo- mormorò, abbassando il capo.
    -Sei una continua delusione, ma per fortuna ho finalmente trovato il modo per dare uno scopo alla tua esistenza.
    Letha alzò gli occhi: poteva rendere suo padre fiero di lei?
    -Lo farò... farò qualsiasi cosa per rendermi utile- disse subito. Avrebbe davvero fatto di tutto perché lui smettesse di guardarla con quell'espressione di disprezzo come se vedesse un insetto insignificante.
    -Domani ti sposerai. Ho scelto per te un uomo di sangue nobile che di sicuro ti darà una prole forte, figli degni di prendere il mio posto- annunciò. -Tu devi solo fare il tuo dovere di moglie e farti ingravidare. Penso che almeno questo tu sia in grado di farlo: devi solo aprire le gambe e lasciar fare tutto a lui- continuò senza alcun tatto. -E vedi di mettere al mondo dei maschi, non delle femmine inutili come te.
    La ragazza era rimasta senza parole e mille domande le attraversavano la mente: sposarsi? Come poteva sposarsi? E con chi? E cos'erano i doveri di una moglie?
    Suo padre parlava di volere dei nipoti, ma lei era poco più di una bambina e non sapeva nulla di quelle cose, non sapeva come si facesse un figlio. Cosa doveva fare?
    Non voleva un marito, non voleva fare la mamma... voleva solo un po' d'amore, ma non lo avrebbe mai ricevuto se si fosse opposta a quel matrimonio. Avrebbe solo deluso ulteriormente il re... e le conseguenze potevano essere tragiche.
    -Va bene, padre- rispose, anche se la voce le tremava.

    °°°°

    Incatenato alla parete di una cella, l'ormai ex principe degli elfi fissava il muro con sguardo assente. I suoi vestiti un tempo di pregiata fattura erano ridotti a brandelli e il suo corpo era costellato di ferite e cicatrici causate dalle frustate che gli venivano inferte ogni giorno.
    Aveva perso tutto: il suo regno, il suo popolo, la sua famiglia... non possedeva più nemmeno la sua vita. Era diventato il giocattolo dei folletti, la loro cavia preferita per nuove torture che distruggessero il suo corpo e la sua mente. Lo portavano fino all'orlo della follia e poi lo restituivano alla realtà perché le sue urla erano il loro divertimento e non se ne sarebbero mai privati.
    Aveva perso la cognizione del tempo, non sapeva da quanto si trovasse lì: giorni, forse mesi o addirittura anni. Le sue giornate erano scandite solo dal rumore della frusta che si abbatteva sulla sua schiena e dalle risate di quelle creature. Era un suono che gli era entrato nella testa, che sentiva continuamente in ogni istante, anche quando chiudeva gli occhi e tentava di riposare un po'. Era un tormento eterno che non lo abbandonava mai.
    Aveva iniziato a chiedersi se meritasse quel dolore: era stato un fallimento come elfo e come principe. Non era riuscito a proteggere i suoi sudditi e invece di continuare a combattere aveva cercato di togliersi la vita... Quella era la sua punizione.
    Strinse i denti nel sentire aprirsi la porta e il suo corpo si tese istintivamente in attesa del dolore.
    Ma non successe nulla, non c'era nessuno strumento di tortura per lui quel giorno; due guardie gli liberarono i polsi e poi lo condussero fuori dalla cella.
    Wigh non aveva idea di cosa volessero fargli e la sua confusione aumentò quando si ritrovò in una stanza con una vasca già piena di acqua calda e schiuma.
    -Lavatelo e rendetelo presentabile. Il re ha grandi progetti per lui- ordinarono a due ragazze che si diedero subito da fare.
    Il giovane elfo non poté opporsi mentre lo spogliavano dei pochi stracci che indossava svelando il suo corpo nudo e lasciandolo alla mercé degli sguardi dei suoi carnefici. Tentare di coprirsi lo avrebbe solo fatto apparire debole e ingoiò il suo orgoglio, entrando nella vasca e nascondendo una smorfia di dolore quando l'acqua lambì le sue ferite ancora aperte.
    Le mani delle servitrici toccarono ogni centimetro della sua pelle per togliere il sudiciume di quella lunga prigionia, forse indugiando un po' troppo sulle sue zone intime. Wigh si sentiva debole e lo disgustava che il suo corpo reagisse a quel contatto che per una volta non lo voleva ferire.
    -Ti stai eccitando, principino?- lo presero in giro i soldati. -Se ci implori forse potremmo chiedere a una delle ragazze di darti piacere. Oppure preferisci che sia uno di noi a farlo? Scommetto che ti piace metterti a quattro zampe e farti sbattere come una puttanella.
    -Quando lo frustiamo urla come una verginella che viene scopata- continuò il suo amico, ridendo sguaiatamente.
    Il ragazzo si morse le labbra a sangue, serrando le lacrime e cercando di ignorare quelle umiliazioni: volevano solo distruggerlo, volevano togliergli ogni dignità. Ma lui non avrebbe dato loro quella soddisfazione, non si sarebbe mai abbassato ad implorare un gesto gentile.
    Si lasciò lavare in silenzio e indossò gli abiti che gli erano stati portati, notando che erano molto eleganti, quasi principeschi. Che cosa aveva in mente quel folle sovrano?
    Forse qualche elfo era sopravvissuto e il re voleva mostrare loro come aveva piegato il loro principe? Voleva usarlo per distruggere le loro speranze di essere salvati?
    -Sarebbe una cosa degna di lui- rifletté, varcando le porte della sala del trono.
    -Principino, quasi non ti riconoscevo così pulito. Dev'essere una novità anche per te- lo schernì l'uomo. -Ho una buona notizia da darti, quindi tieni la testa alta e rallegrati perché stai per entrare a far parte della mia famiglia. Tra meno di un'ora sarai il fortunato marito di mia figlia Letha.
    Wigh spalancò gli occhi e aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono: era troppo sconvolto per parlare o per tentare un'inutile protesta che gli avrebbe fatto guadagnare nuove frustate. Aveva un solo pensiero: il viso di Sarah, la sua piccola fata che amava con tutto il cuore.
    Pensò a lei e pregò che non le venisse mai in mente di andare a cercarlo, perché era meglio che non sapesse cosa gli era successo e che lo credesse morto. Perché era convinto che quelle nozze non fossero la parte peggiore del piano che il re aveva progettato per lui.

    Edited by redeagle86 - 13/5/2023, 08:25
     
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    Povero Wigh...e povera Letha. Bellissima fan fiction ❤️
     
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    E per ora sono ancora felici...
     
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    Capitolo 2



    Osservando la sua immagine riflessa nello specchio, Letha pensò che quel vestito sfarzoso la facesse sembrare più pallida di quello che era: il verde scuro accentuava il bianco dei suoi capelli e dava alla sua pelle un aspetto diafano, quasi fosse in punto di morte.
    Erano riflessioni frivole ma le servivano per tenere la mente occupata e impedirle di soffermarsi sulle sue imminenti nozze: la semplice idea le causava degli attacchi di panico che le chiudevano la gola e le impedivano di respirare.
    Le sue servitrici le avevano spiegato cosa significasse giacere con un uomo, cosa fosse il sesso, cosa sarebbe accaduto quella notte nella sua camera nuziale... e da quel momento Letha era letteralmente terrorizzata. Come poteva mostrarsi senza vestiti e concedere il suo corpo a qualcuno di cui non sapeva nulla, nemmeno il nome? Non lo aveva mai visto, non conosceva il suo aspetto... suo padre le aveva solo annunciato che si sarebbe sposata, senza aggiungere altro.
    Non sapeva se il suo futuro marito fosse un folletto o un demone o un mostro a tre teste, ma con la fortuna che aveva non le sarebbe capitato di certo un compagno paziente, uno che accettasse il suo imbarazzo e le sue paure e si prodigasse per metterla a suo agio. No, suo padre aveva sicuramente scelto un guerriero, un distruttore di popoli, qualcuno abituato a prendersi ciò che voleva senza disturbarsi a chiedere. Qualcuno che le avrebbe fatto del male, facendole rimpiangere di essere venuta al mondo.
    Sarebbe stato da lui, dopotutto non passava giorno senza che le ricordasse quanto la sua esistenza fosse inutile.
    Voleva piangere tutte le sue lacrime, voleva... voleva scappare da quel destino, ma non poteva: non aveva mai messo piede fuori dalla Corte, non era in grado di sopravvivere in un mondo sconosciuto che la odiava per via del suo sangue di folletto.
    -Forse sono davvero inutile- pensò. Aveva paura della vita, ma anche della morte, le mancava il coraggio per fuggire o per uccidersi. Così si ritrovava a dover chinare il capo ed accettare le decisioni che altri avevano preso per lei.
    -Principessa, è ora di andare- la chiamò una guardia.
    La ragazza prese un profondo respiro, poi seguì in silenzio il soldato lungo i corridoi: non c'erano addobbi o fiori, non c'erano regali o auguri, perché in fondo il suo non era un matrimonio d'amore. Era più un affare, almeno per suo padre.
    Però nel momento in cui fece il suo ingresso nella sala e vide per la prima volta il suo sposo, una timida speranza si fece strada in quel cuore che si era già illuso così tante volte. Ad aspettarla non c'era un essere spaventoso, ma un ragazzo, forse poco più grande di lei. Tra i suoi capelli chiari spuntavano delle orecchie a punta e, anche se coperto dai vestiti, si intuiva che il suo fisico fosse tonico e slanciato.
    Nel complesso a Letha sembrava davvero un bel ragazzo ed era stupita che fosse proprio quello il suo promesso sposo, almeno finché non lo osservò da vicino e notò dei segni leggeri sulla sua nuca che finivano per sparire sotto al colletto. E allora capì tutto: era uno dei prigionieri che sentiva gridare ogni giorno, era uno di quei poveretti rinchiusi nelle celle e torturati nei modi più crudeli.
    Si sentì istintivamente legata a lui: erano entrambi delle vittime degli eventi, entrambi soli. E quel matrimonio che fino a poco prima le era parso una condanna, ora appariva come una salvezza.

    °°°

    Wigh si era estraniato da tutto ciò che lo circondava, lasciando che la sua mente si riempisse solo dell'immagine di Sarah e del futuro che avrebbero potuto avere se il suo regno non fosse stato attaccato.
    La sua vita ora era legata alla Corte, stava per sposare la principessa dei folletti che di certo era una creatura spregevole quanto il padre. Avrebbe perso qualsiasi diritto sul suo corpo, sarebbe stato usato come un animale da riproduzione che veniva scopato a qualsiasi ora e in qualsiasi modo.
    Ma non le avrebbe mai dato dei figli: poteva abusare di lui quanto voleva, ma non ci sarebbero mai stati bambini con il suo sangue in quella terra di follia. Non gli importava se questo gli sarebbe costato la vita: la sua esistenza aveva già perso tutto il suo valore e la morte sembrava quasi un dono.
    Non degnò di uno sguardo la sua sposa, per tutta la cerimonia tenne lo sguardo fisso su un punto alle spalle del re. Poi avvertì un tocco leggero sulla mano: non era più abituato alla gentilezza, a non sentire dolore quando qualcuno lo toccava. Per questo si voltò e commise l'errore di guardare sua moglie: era molto giovane, quasi una bambina... e nelle profondità dei suoi occhi non c'era l'inferno che lui si aspettava, ma una muta richiesta di aiuto che lo lasciò spiazzato. Perché lo fissava come se fosse il suo salvatore? Non erano i personaggi di una favola e lei non era la principessa rinchiusa in una torre in attesa del principe che avrebbe ucciso il drago. La Corte era la sua casa, era l'erede al trono, era servita e riverita da tutti...
    Oppure no?
    Pensandoci bene, quale sovrano dava la propria figlia in sposa a uno dei suoi prigionieri, a un principe decaduto il cui regno era stato ridotto in cenere, un uomo insignificante che non poteva portare alcun profitto? Solo perché la mettesse incinta? Solo per avere dei nipoti che avessero sia i poteri degli elfi che quelli dei folletti?
    Non aveva alcun senso: c'erano creature ben più forti degli elfi, c'erano partiti migliori di lui.
    Wigh ancora non lo sapeva, ma quello che aveva visto e subito in quei mesi non era che la punta di un gigantesco iceberg di pazzia e sadismo.

    Perché per il re avere dei nipoti non era lo scopo principale di quelle nozze; quella era più una naturale conseguenza. Il vero motivo era che desiderava follemente umiliare entrambi e spezzarli.
    Voleva cancellare ogni luce dal cuore di quella sua stupida figlia così debole e compassionevole; voleva togliere all'elfo quei pensieri che lo facevano sorridere nel buio della sua cella, quando credeva che nessuno potesse vederlo.
    Voleva guardarli piangere mentre sprofondavano nella vergogna, voleva che fosse chiaro, a loro due e a tutti gli altri, che era lui a decidere delle loro vite, che loro non erano padroni di nulla, neppure delle loro menti o dei loro sussurri.
    -Ora siete marito e moglie, ma per rendere valida la vostra unione dovete consumare- disse con un ghigno crudele. -E per evitare che vi venga la sciagurata idea di sottrarvi ai vostri doveri coniugali, compirete l'atto qui, davanti a tutti noi.

    Edited by redeagle86 - 18/5/2023, 21:59
     
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    Oh no...no poveri...
     
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    D'ora in poi la loro vita sarà come un giro sulle montagne russe: picchi di inaspettata serenità e rapide discese nella disperazione.
     
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    Tipo ora che vuole ancora dei nipoti...
     
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    Esatto, tipo quello...
     
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    Capitolo 3



    Letha si era congelata sul posto nell'udire quelle parole: non poteva essere vero, suo padre non poteva davvero averle ordinato di fare sesso davanti a tutti. Doveva essere un incubo, non poteva essere la realtà... non poteva odiarla al punto da umiliarla di fronte all'intera Corte.
    Si rese a malapena conto di suo marito che la spingeva dietro di sé e riuscì soltanto ad aggrapparsi spaventata alla sua giacca, pregando per una salvezza che non sarebbe arrivata.
    Wigh sostenne lo sguardo del sovrano, proteggendola con il suo corpo: non era la moglie che avrebbe voluto, ma ora quella era la sua compagna e l'avrebbe difesa ad ogni costo. Non avrebbe permesso che la sua prima notte si trasformasse in uno spettacolo per dei guardoni lascivi.
    Forse era ingenuo e stava cadendo nella loro ennesima trappola, ma quelle piccole mani tremanti che sentiva stringersi sulla sua schiena lo rendevano debole: aveva un cuore troppo nobile e buono per non lasciarsi travolgere dal desiderio di combattere per lei.
    -Non ti senti all'altezza? Hai bisogno che i miei folletti ti mostrino come si fa?- infierì il re, vedendoli esitare. Sapeva quali tasti premere per far capitolare quell'elfo troppo tenero e mosse la mano verso le guardie, che si avvicinarono di un passo fissando la principessa come se potessero spogliarla con gli occhi.
    Il ragazzo strinse i denti, decidendo in un istante che se proprio si doveva fare, sarebbe stato lui a farlo, non certo quel branco di depravati che non vedeva l'ora di strapparle i vestiti.
    -No, non ne ho bisogno- ringhiò a bassa voce, voltandosi verso la moglie.
    La giovane stava per avere una crisi di panico, faticava a respirare e la vista le si stava appannando: era tutto molto peggio di qualsiasi sua fantasia e desiderò di poter morire lì, in quel momento, per poter sfuggire a quello che ormai sembrava inevitabile.
    -Letha.
    Spalancò gli occhi: da quando il suo nome aveva quel suono? Era la prima volta che lo sentiva pronunciare con quel tono dolce e lo stupore prese il posto della paura: per un attimo non ci fu altro che l'abbraccio sicuro di Wigh e la sua voce calda e rassicurante.
    -Lo so che hai paura- le sussurrò all'orecchio. -Ne ho tanta anch'io, perché non posso prometterti che non farà male. Ma ti devi fidare di me: non sono un mostro, sono tuo marito e ti giuro che nessuno di loro alzerà un dito su di te.
    Cercava di tranquillizzarla, anche se la situazione non era a suo favore: quello che dovevano fare sarebbe stata una prova durissima per chiunque, ma lo era ancora di più per due adolescenti alla prima esperienza.
    Anche Wigh infatti era vergine: nella sua testa e nel suo cuore c'era sempre stato posto solo per Sarah e si era mantenuto puro per lei. Era ironico che ora si ritrovasse a maledire quel gesto nobile: avrebbe voluto essere più esperto e sapere come fare per causare meno dolore possibile alla sua compagna. Ma ormai era tardi per pentirsi delle scelte fatte e poteva solamente fare del suo meglio.
    La prese in braccio, carezzandole la schiena mentre la portava al centro della stanza dove avevano allestito un giaciglio improvvisato con dei cuscini ed un lenzuolo bianco.
    Letha si irrigidì e strinse le braccia attorno al suo collo quando toccò il pavimento, ma lui non smise di parlarle e assicurarle che sarebbe stato delicato. Passarono dei secondi interminabili prima che lei trovasse il coraggio di lasciarlo andare e si stendesse sui cuscini, fissandolo con un misto di timore e vergogna che rapidamente si trasformò in terrore nel sentire i folletti rumoreggiare: erano stufi dei preliminari e si stavano innervosendo.
    Wigh li mandò mentalmente a farsi fottere, sbottonandosi la giacca: erano esseri ripugnanti, senza rispetto per niente e per nessuno. Godevano della sofferenza altrui, era la loro linfa vitale e si divertivano ad infliggerla in qualsiasi maniera.
    Non vedevano le cose come le vedeva lui, non vedevano quella bambina spaventata che guardava con paura il marito che le incombeva addosso. No, loro vedevano solo un'occasione per ridere alle loro spalle, per umiliarli e far loro del male senza neppure toccarli.
    -Forza, elfo! Facci vedere che sai fare!
    -Vediamo se sai usare meglio quella spada o se sei un fallimento anche lì!
    -Ma quale spada? Scommetto che non gli viene nemmeno duro!
    Il ragazzo sapeva che erano volutamente volgari per imbarazzarli, ma sapeva anche che sfortunatamente avevano centrato il problema: nonostante fosse giovane e prestante, stava incontrando delle difficoltà a risvegliare i suoi ormoni di solito molto attivi. Non era per nulla facile eccitarsi in quella situazione con tutti quegli occhi puntati addosso e la prospettiva che se avesse fallito l'intera Corte avrebbe violentato Letha, costringendolo ad assistere fino alla fine.
    Si concentrò e chiuse gli occhi, cercando di visualizzare nella sua mente un'immagine di Sarah, nuda nel suo letto, con uno sguardo languido e carico di passione. La sua virilità sembrò ridestarsi quel tanto da tendergli i pantaloni: la sua amata fata riusciva sempre ad accendergli i sensi.
    La sua sposa seguiva i suoi movimenti, senza tentare nessun tipo di fuga; mosse istintivamente le gambe quando lui infilò le mani sotto la gonna e le sfilò l'intimo, ma la sua testa si era ormai arresa e tentava di staccarla dalla realtà come difesa estrema.
    -Letha... ascoltami, ti prego...- le bisbigliò Wigh, chinandosi su di lei per nasconderla agli sguardi degli altri. -Questa è la prima volta anche per me e non è come la immaginavo, ma non abbiamo scelta, lo sai anche tu. Cerca di rilassarti... affidati a me... farò in fretta e poi potremo andare in camera e sarai libera di piangere, di picchiarmi o di farmi qualsiasi cosa desideri.
    Erano parole pericolose, ma la sentiva più rigida di un pezzo di legno e, seppur inesperto, sapeva che rimanere così tesa sarebbe stato solo peggio per lei. Continuò a parlarle con calma, carezzandole le gambe e ignorando i commenti che piovevano loro addosso.
    -Credimi... se potessi non lo farei, ma meglio io di tutti loro, no?
    -Sì- rispose lei, spostando lo sguardo sul soffitto e serrando le lacrime.
    Wigh si slacciò i pantaloni e si sistemò tra le sue cosce, sfregandosi lentamente contro la sua intimità: non era pronta a riceverlo e lui non era pronto a penetrarla, ma il loro tempo era scaduto. Lo sapevano entrambi, non potevano più rimandare.
    Prese un profondo respiro, le strinse i fianchi e con un colpo deciso iniziò a farsi strada nel suo corpo; Letha non fece un fiato, anche se stringeva le labbra tra i denti tanto forte che un rivolo di sangue le scivolò lungo la guancia. I suoi muscoli erano talmente contratti che ogni centimetro che suo marito guadagnava dentro di lei erano una sofferenza per entrambi ma nessuno dei due si fermò.
    Lui usò la forza per arrivare in profondità e terminare in fretta quella tortura e, nonostante il dolore lacerante, la principessa non emise altro che qualche lamento soffocato.
    Le chiese perdono una, dieci, cento volte... le sussurrò quell'unica parola per tutto il tempo finché non raggiunse l'orgasmo e si svuotò nel suo ventre. Era un uomo adesso, ma si sentiva uno schifo; si separò dalla moglie rapidamente, quasi volesse subito mettere della distanza tra sé e quello che aveva fatto. Le aveva promesso di essere delicato, ma non ne aveva avuto la possibilità e una piccola parte di lui già temeva le conseguenze delle sue azioni. Lei si sarebbe vendicata, era la sua natura: dietro quell'aspetto innocente c'era pur sempre un folletto e quella violenza non sarebbe stata lasciata impunita.
    Non poteva immaginare quanto fosse lontano dalla realtà.
    Letha non era arrabbiata con lui e avrebbe voluto dirglielo, ma in quel momento aveva a malapena la forza di chiudere le gambe. Era intorpidita, sentiva dolore al basso ventre, il suo cuore batteva ancora ad un ritmo serrato e le lacrime premevano ai bordi degli occhi. Ma non avrebbe pianto, non davanti a quel pubblico: non voleva dar loro un motivo in più per umiliarla.
    Allungò soltanto la mano per arrivare a sfiorare quella del suo sposo, che era la sua ancora in quel mare di disperazione che si agitava in lei.
    -Siete soddisfatti?- ruggì l'elfo a denti stretti, riabbottonandosi i pantaloni.
    -Hai compiuto il tuo dovere anche se non è stato uno spettacolo molto interessante. Ma oggi è un giorno di festa e mi sento magnanimo, quindi mi accontento di questo per il momento- replicò il re con un ghigno poco rassicurante. -Potete ritirarvi nei vostri appartamenti.
    Wigh non se lo fece ripetere e prese in braccio la compagna, portandola via dalla sala e giurando a sé stesso che un giorno quel mostro avrebbe pagato per tutto.
     
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    Che dolore e che umiliazione per loro...
     
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    Capitolo 4



    I passi di Wigh echeggiavano nei corridoi stranamente silenziosi; lui e Letha non si erano ancora scambiati una parola, troppo scossi dall'esperienza appena vissuta per aprire bocca: si sentivano entrambi violati nella loro parte più intima, ma nessuno dei due aveva la forza di confessarlo all'altro. Lentamente il peso di quanto era accaduto stava prendendo corpo e avevano troppa paura per affrontarlo.

    Malgrado tutto quello che aveva già subito, Wigh temeva la reazione della sua sposa perché si era reso conto di avere il disperato bisogno di un contatto umano, aveva bisogno che quelle piccole mani non si rivelassero delle armi contro di lui e continuassero a sfiorarlo con dolcezza.
    Era spaventato da queste necessità che gli sembravano primordiali, ma da quando era stato fatto prigioniero non aveva conosciuto altro che torture e sofferenza ed era normale che ora si attaccasse all'unica persona che non l'aveva colpito. La sua mente aveva bisogno di aggrapparsi a un momento di normalità, anche se fittizio, per restare integra: se anche Letha si fosse trasformata in un mostro, sarebbe di certo andato in pezzi.

    La principessa era appoggiata a lui e teneva la testa sulla sua spalla: era confusa e dolorante, ma il calore di Wigh era qualcosa di rassicurante come il ricordo dell'abbraccio di sua madre.
    Da troppo tempo non riceveva amore, da troppo tempo nessuno era gentile con lei ed aveva paura che anche suo marito la rifiutasse; non le importava se era costretto a starle accanto per il vincolo che li univa o se suo padre lo aveva minacciato: anche se era una bugia, Letha aveva bisogno di lui, di qualcuno che non la facesse sentire eternamente sbagliata.

    -La camera è quella- lo avvertì mentre passavano davanti a una porta.
    -Scusa...- mormorò lui, tornando indietro ed entrando nella stanza che da quel giorno avrebbe condiviso con lei. Era decorata nei tipici colori verde e argento della Corte Unseelie, i mobili erano di legno pregiato ed il letto a baldacchino era ben più grande e comodo della brandine spartane che arredavano le celle.
    Wigh lo raggiunse in pochi passi e posò la ragazza sul materasso, andando poi a sedersi all'altro lato; lei si raggomitolò su sé stessa, dandogli le spalle, e dopo pochi secondi il suo corpo venne scosso dai singhiozzi di un pianto che non riusciva più a trattenere. Il giovane avrebbe voluto abbracciarla, consolarla, ma la sua mano si fermò a metà strada, senza raggiungere la sua schiena: come poteva toccarla dopo quello che le aveva fatto? Si sarebbe chiusa a riccio o l'avrebbe cacciato e rimandato nelle prigioni.
    -Mi dispiace...- sussurrò, talmente piano che sperò di non essere udito. Si sentiva sporco e pieno di orrore verso sé stesso: anche se lei era consapevole, l'aveva praticamente stuprata e la violenza non era meno grave solo perché era stato costretto a farla.
    Letha si volse lentamente, pallida, con il viso bagnato dalle lacrime che scendevano a fiumi dai suoi occhi: perché si scusava? Suo marito l'aveva difesa, le aveva evitato un'umiliazione e una sofferenza peggiori di quella che aveva subito: aveva avvertito la sua premura in ogni gesto e gli era grata perché sapeva che aveva fatto il possibile per la salvezza di entrambi.
    -Mi abbracci?- chiese lievemente, quasi vergognandosi per quella richiesta infantile. Forse lui non voleva più nemmeno sfiorarla dopo quello che i folletti l'avevano costretto a fare, forse odiava anche lei perché era della stessa razza.
    Wigh la guardò incredulo e impiegò un attimo a rendersi conto di quello che lei gli aveva domandato: non voleva la sua testa su un piatto d'argento, non voleva tagliargli le mani e rigettarlo in quella prigione umida e ammuffita.
    -Sì- le rispose, sdraiandosi e accogliendola tra le sue braccia, lasciando che i loro corpi si incastrassero e stupendosi che quell'abbraccio sembrasse molto più intimo dell'amplesso di poco prima.
    -Grazie- bisbigliò la giovane, stringendolo.
    Restarono così, in silenzio, mentre le loro ferite guarivano a poco a poco in quell'abbraccio: erano due anime sole ed infelici che per uno scherzo del destino si erano trovate, forse per farsi del bene a vicenda.
    Letha ci credeva con tutta sé stessa, perché il suo cuore era ancora innocente e pieno di speranze.
    Wigh dubitava che nella sua vita potesse esserci ancora qualcosa di bello o di positivo e che quel qualcosa gli fosse offerto dal re dei folletti che tanto amava torturarlo.
    Però in quella stanza, con lei, sentiva di poter abbassare le difese e rilassarsi.
    Era la sua oasi di pace in quella terra di follia.

    Edited by redeagle86 - 6/7/2023, 18:36
     
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